RASSEGNA STAMPA

IL SECOLO XIX - Da Perugia a Genova, De Gennaro sotto assedio

Perugia, 20 maggio 2010

L’EX CAPO DELLA POLIZIA
Da Perugia a Genova, De Gennaro sotto assedio
Per i fatti del 2001 nei guai i suo iuomini
E due procure vogliono ascoltarlo sulla Cricca

MARCO MENDUNI

Convocato dagli inquirenti per spiegare tutto sulle ristrutturazioni degli uffici degli 007 e sui rapporti dell’intelligence italiana con la cricca di Angelo Balducci e di Diego Anemone. E per esporre i risultati dell’“indagine interna” che lui, Gianni De Gennaro, potentissimo numero uno del Dis, l’organismo che coordina i servizi italiani, ha avviato. Con una selva di dubbi, mal celati dai pm, sia sulle ricostruzioni ufficiali, sia sul ruolo che i servizi hanno giocato nell’ultima fase dell’inchiesta. Come la “fuga di notizie” sulla lista dei 400 nomi di Anemone, nelle mani del comando provinciale della Finanza di Roma. Guidato da Andrea De Gennaro. Non un omonimo, ma il fratello di Gianni.
De Gennaro finisce al tempo stesso nelmirino di altri magistrati, i giudici di Genova, con la sentenza choc per l’irruzione alla scuola Diaz. Che ha condannato tutti gli uomini di fiducia. Che risuona soprattutto come un pronunciamento durissimo nei suoi confronti, all’epoca capo della polizia. De Gennaro non era alla sbarra. Ma sono il suo sistema, l’organizzazione di Genova 2001, tutti gli interventi da lui programmati e poi finiti nel caos e nella violenza, ad essere idealmente sanzionati. Una situazione di cui De Gennaro nemmeno si rese conto immediatamente. A testimoniarlo il racconto che Antonio Manganelli, l’attuale capo della polizia, fece ai magistrati genovesi nell’ormai lontano 16 dicembre 2002 nel suo ufficio romano: «Dissi a De Gennaro; io credo che tu abbia visto un altro G8, noi ne usciamo male e insomma, a me non sembrano pregresse quelle ferite. Credo di essere stato io, e De Gennaro me ne dà atto ancora oggi, quello che gli ha richiamato l’attenzione sulla gravità degli incidenti…».
Quale usura potrà avere questa sentenza, oggi, sulla sua posizione, è difficile dirlo. Le istituzioni fanno quadrato e lui attende ancora una sentenza per il caso G8: l’appello per l’accusa di induzione alla falsa testimonianza di alcuni suoi collaboratori. Udienza il 25 maggio, sentenza entro l’estate. In primo grado è stato assolto, ma i ribaltoni giudiziari che hanno caratterizzato i processi Bolzaneto e Diaz non lo inducono all’ottimismo. Anche se per De Gennaro una via d’uscita è rimasta sempre aperta, qualunque fosse la maggioranza al governo. Nominato dal centrosinistra, saldo al suo posto con il centrodestra, riconfermato da Prodi. E poi, quando esplose il caso della falsa testimonianza, accomodato sulla sedia di capo di Gabinetto dell’allora ministro dell’Interno Giuliano Amato (sempre esecutivo Prodi) per poi diventare, di nuovo con Berlusconi, capo del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza. Il vertice dei servizi segreti.
E proprio sulle vicende “immobiliari” dell’intelligence De Gennaro avrà qualcosa da dire agli inquirenti di Firenze e di Perugia che indagano sugli affari di Balducci e Anemone. Nei giorni scorsi il Dis ha lasciato trapelare i primi risultati dell’indagine di De Gennaro. Obiettivo puntato sulla palazzina romana di piazza Zama, del Side. Da lì iniziò l’ascesa di Anemone. Prima della riforma dei servizi il Sisde dipendeva dal ministero dell’Interno. Conclusione? Un’autoassoluzione. «Mai nessun contatto diretto con i costruttori», spiega De Gennaro. Ma i pm vogliono chiarimenti ulteriori.